E' importante la bellezza ed il fascino delle mani ? Dall'immaginario collettivo alla realtà.
Le mani del chirurgo devono avere abilità ed esperienza, muoversi con ineffabile leggerezza ed essere efficaci , incisive ed essenziali , agendo sempre con delicatezza, nel rispetto massimo dei tessuti e con la raffinatezza di un cesello o di un ricamo .
Mani lunghe e affusolate , oppure piccole e corte, o invece grandi e panciute, o tozze e larghe , alcune con ineffabile fascino, altre senza, ma sempre mani positive, fattive, mani leggere , delicate, pensose , interpreti di una vera e propria Arte.
Mani , ma non basta !!! Perchè non deve mancare anche “ Mente e Cuore “ : nelle tre H ( Head, Heart, Hand) sono sintetizzate le doti indispensabili del Chirurgo.
Le mani e dita del Pianista : danzano sulla tastiera e trasmettono emozioni .
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MANI e DITA DEL CHIRURGO . E' pleonastico segnalare come la mano sia organo umano di ineffabile importanza nelle sue molteplici funzioni dalla nascita alla terza età. Nell'immaginario collettivo , in anni precedenti soprattutto, si è spesse volte considerato come la morfologia , la bellezza , il fascino delle mani e soprattutto delle loro dita fossero doti di indiscutibile rilevanza, anzi un valore aggiunto alla funzionalità stessa, in alcune specifiche professioni , come quella del pianista o del chirurgo.
La storia della Chirurgia ci segnala infatti la grandissima rilevanza riservata alla fisicità delle mani del chirurgo : così Giorgio Cosmacini scrive come Aulo Cornelio Celso nella opera De Re Medica (25-35 d.C) , specificava i requisiti che il chirurgo devesse possedere affinchè il suo livello professionale fosse ottimo e paragonabile a quello di Trifone , Evelpisto e Megete e così si esprimeva : ”..il chirurgo bisogna sia giovine, o almeno non tanto in là con gli anni , di mano forte , ferma, che non tremi mai, e che si serva bene non men della sinistra che della destra, di vista acuta e netta, coraggioso, pietoso sì, ma in modo di non pensare ad altro che a guarire il suo malato ...”. E sempre Cosmacini ricorda come Jehan Ypermann (1260-1332) padre della chirurgia fiamminga, modellando su se stesso la figura del chirurgo ideale affermava nel suo trattato di chirurgia ”...il chirurgo deve avere delle belle mani e della dita affilate ... egli sarà di costituzione robusta ...egli non adulerà se stesso...”
Già Ippocrate ( 480- 390 a C) padre della Medicina ha etichettato la chirurgia come “lavoro manuale” (da cheir, mano ed ergon, lavoro) , termine che ha ancora la massima validità anche se l'arte empirica e pratica nata solo per imitazione e ripetizione di gesti ha oggidì lasciato il posto ad una moderna chirurgia ad altissimo contenuto tecnologico, mini-invasiva, laparoscopica , robotica , chirurgia dei trapianti , chirurgia oncologica , chirurgia neonatale, microchirurgica ecc...in cui le mani hanno valore nella grande abilità che scaturisce da solida esperienza, costante , quotidiana, direi sul campo in prima linea, nei confronti di quella specifica procedura e tecnica chirurgica.
La “mano chirurgica” non è certamente congenita ! Pertanto il giovane chirurgo deve necessariamente raggiungere una corretta e valida manualità operativa prima di poterla applicare in prima persona al paziente , e ciò implica che deve rispettare un lungo e rigoroso corso di formazione sotto la guida di un Docente , un chirurgo esperto, un tutor : in dettaglio, il Prof Luigi Boni pioniere ed esperto nella chirurgia laparoscopica e robotica, Direttore della prestigiosa Chirurgia Generale e della Scuola di Specializzazione in Chirurgia della Università degli Studi di Milano, ha più volte segnalato la necessità per lo specializzando di acquisire una solida preparazione , anzitutto teorica , ed a cui deve far seguito la rigorosa formazione pratica secondo la metodica di insegnamento in tre fasi nota come SODOTO , acronimo che sta per “ See one, Do one, Theach one “ nel senso che il giovane chirurgo dalla osservazione , per cui ecco la definizione “vedi ”, passa in seconda fase ad eseguire quanto il Maestro-tutor gli ha insegnato, per cui “ fai ”, e poi in terza fase può trasferire quanto ha appreso ad un giovane collega , per cui insegna lui stesso . Ma, da parte sua, lo stesso Maestro-Chirurgo-Docente non è mai un “arrivato” e non deve mai considerarsi tale, cioè non ha raggiunto mai il TOP o lo ZENIT anche dopo anni di professione, ma deve, in un certo senso, continuare sempre ad imparare lui stesso e perfezionarsi in quanto ogni intervento ha caratteristiche a se stanti richiedente le stesse attenzioni come se fosse il primo intervento, per poi trasmettere tutta la propria scienza agli allievi-discepoli.
“ Docendo discimus” , afferma il filosofo L.A.Seneca ( 4 a.C. - 65 d.C quando in Lettera a Lucilio scrive che c'è un vantaggio reciproco perchè mentre si insegna si impara, concetto ripreso in altro contesto da A.Schopenhauer , e riaffermato da Prof. D. D'Amico, già Direttore della Chirurgia Generale e Centro Trapianti di fegato al Policlinico di Padova sempre molto attento alla formazione universitaria dei giovani chirurghi.
Prof.Paolo De Paolis , Direttore della Chirurgia Generale di Urgenza alle Molinette di Torino e Presidente della Società Italiana di Chirurgia segnala come le nuove tecnologie laparoscopiche e robotiche non sono andate a scapito delle capacità manuali ma hanno portato invece ad una evoluzione dell'attività stessa portando alla acquisizione di una “Skill” addirittura superiore, in quanto oggidì il chirurgo deve poter acquisire abilità manuale in modo equipollente sia in chirurgia classica-tradizionale “aperta”, sia in chirurgia laparo-robotica.
E' ampiamente oggi riconosciuto come il fascino delle mani , riferito a bellezza delle stesse e delle dita in particolare, non abbia comunque alcuna importanza per la attività del chirurgo : ecco che dalla leggenda si passa alla realtà.
Christian Barnard , chirurgo che effettuò la notte del 03 dic.1967 il primo trapianto di cuore possedeva prestanza fisica con corpo asciutto giovanile e mani ben curate dalle dita lunghe ed affusolate che sprigionavano ineffabile fascino, ed anche tutto ciò , associato ad un sorriso accattivante, contribuì ad assere osannato dai mass media ed acquisire il ruolo di carisma : mani purtroppo precocemente invalidate nella loro funzione per artrite reumatoide che hanno bloccato la attività di Barnard. E' doveroso segnalare come negli USA la attività di trapianto di cuore iniziò per opera di Norman Shumway, mentre il Prof. Vincenzo Gallucci nella notte del 13 novembre 1985 effettuò a Padova il primo trapianto di cuore in Italia : le mani di entrambi i cardiochirurghi citati non destavano particolare attenzione , ma in Gallucci , determinato e tenace, schivo e taciturno , gentile e pieno di umanità , le mani agivano con la raffinatezza di un ricamo o di un cesello. Così pure le mani benchè piccole, grassocce e con dita discretamente corte di Alfiero Costantini, Professore Emerito alla Università di Firenze, si muovevano con straordinaria ed ineffabile leggerezza negli interventi urologici più complessi.
Prof.D'Amico , sopra citato, scrive nel suo libro, Le mani del chirurgo - lo specchio di un'arte , come le mani possano essere quanto mai diverse , ora lunghe e affusolate , ora piccole e corte, oppure grandi e panciute, “ ma sempre mani pensose , mani fattive, mani leggere , interpreti di un'arte che è figlia dell'estro e del sapere “ , ed il chirurgo recita con le sue mani, trovando armonie interpretative non disgiunte da un'armonia umana e religiosa per cui le delle mani del chirurgo diventano lo strumento di una vera e propria arte.
La mia vita nelle sue mani, così si esprime spesse volte il paziente , soprattutto quando quasi rassegnato e privo di speranza di fronte ad un destino inaccettabile , ha la consapevolezza che “un abbandono nelle mani del chirurgo” sia la possibilità di una speranza oramai quasi persa , per ritornare ad una vita dignitosa, e D'Amico ricorda come il chirurgo da parte sua non deve mai tirarsi indietro , consapevole che “ anche asciugare una lacrima vale una vita intera”.
Ovviamente le mani devono essere sempre accompagnate e sostenute da “ Testa e Cuore ” , in un trittico inscindibile rappresentato dalle tre H ( Head, Heart, Hand) come dicono gli Autori Americani, un trittico che rappresenta il solido basamento di ogni chirurgo, e Prof.D'Amico in modo quanto mai incisivo e stringato afferma come “manualità, audacia e dottrina fanno la grandezza del chirurgo “.
Il chirurgo non si limita ad esercitare una semplice professione , ma decide per una scelta che riempie la vita , che è poi l'impegno di tutta una vita , anzi la vita stessa, che impone massimo sacrificio ed impegno , di raggiunge l'apogeo o zenit della sublime Arte, cioè : “ VIVERE IN PIENEZZA L'ARTE CHIRURGICA “ .
Pertanto non esercitare la chirurgia ma “viverla in pienezza”, che è poi “il lavoro più bello del mondo “ come afferma efficacemente il Prof. Luigi Boni , Direttore della Chirurgia Generale al Policlinico di Milano e Ordinario di Chirurgia all' Università degli Studi di Milano , mirando sempre alla perfezione operatoria , peraltro irraggiungibile , e per la perfezione , come afferma lo scrittore Sandor Marai, bisogna sempre sapere dare tutto , affinchè la chirurgia sia sempre esercitata nobilmente dall'uomo a vantaggio dell'uomo, in un vivo rapporto empatico verso il fratello sofferente che chiede ascolto, condivisione , alleanza terapeutica , affidandosi con fiducia alle mani abili ed esperte del chirurgo.
“ Se allevierò il dolore di una vita ...non avrò vissuto invano “ , Emily Dickinson.
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… E LE MANI DEL PIANISTA ?
Ricordo il pianista cinese Lang Lang , con incomparabile velocità delle mani molto grandi , la cui apertura è capace di coprire ben dodici tasti, mentre mani normali ma definite “incredibili dal tocco unico”, erano quelle di Arturo Benedetti Michelangeli e di Maurizio Pollini, entrambi perfezionisti estremamente raffinati.